Cultura
Nel mare della nostra cattiva coscienza
TEMPI PRESENTI «Io Khaled vendo uomini e sono innocente», di Francesca Mannocchi per Einaudi. La giornalista italiana, da anni impegnata in Africa e in Medio Oriente, ha scritto un volume cruciale. Tra il romanzo e il reportage, una vicenda complessa e cruda che ha come sfondo la Libia ormai a brandelli
Una scultura di Hank Willis Thomas
TEMPI PRESENTI «Io Khaled vendo uomini e sono innocente», di Francesca Mannocchi per Einaudi. La giornalista italiana, da anni impegnata in Africa e in Medio Oriente, ha scritto un volume cruciale. Tra il romanzo e il reportage, una vicenda complessa e cruda che ha come sfondo la Libia ormai a brandelli
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 22 marzo 2019
Khaled non è un degenerato, nemmeno uno psicopatico o un sadico. Etichettare così Khaled, per quanto liberatorio e auto-assolutorio, sgretola in un istante la necessità della comprensione di un fenomeno che è l’umanità. Khaled è un essere umano e la sua vita, le sue scelte, il suo graduale e devastante scivolamento dentro il male del mondo è una degenerazione dell’umano. Per questo le sue parole irrompono, esplodono dentro l’animo di chiunque le ascolti, destabilizzano la normalità, pesantemente la molestano. Perché Khaled non è estraneo alla storia, al qui e ora. Ne è parte. Ne è piuttosto simbolo estremizzato, modello. Paradigma...