Il commento della settimana Norma Rangeri | Per chi è di sinistra, l’immagine di una ex missina che sale al Colle per ricevere dal presidente Mattarella l’incarico di formare il nuovo governo, è una sorta di shock politico e culturale. Nessuno, fino a qualche tempo fa, avrebbe mai potuto presagire un avvenimento così devastante per la storia di un Paese che affonda le proprie radici nella Resistenza al nazifascismo.
Ancora oggi, con tutti i rituali che accompagnano la presa del potere da parte della destra, sembra di aver fatto un brutto sogno e di vivere un orrendo risveglio.
Perfino alcuni esponenti della maggioranza, fascisti non pentiti, non credono alla realtà del passaggio dal Colle Oppio (nota sede di fasci picchiatori di Roma), al governo. Ma questo è. Dobbiamo prenderne atto, non stiamo dentro il set di un orribile film fanta-politico.
Giorgia Meloni sarà il prossimo presidente del Consiglio, sostenuta da una maggioranza solida, da un gruppo di fedelissimi nei ruoli chiave della compagine, nonostante i balletti ministeriali degli ultimi giorni, e le temerarie, comiche, patetiche uscite del Cavaliere, pronto a tutto per strappare la luce dei riflettori, e difendere il patrimonio familiare.
Si è molto discusso poi sul significato, storico per il nostro arretrato paese, della nomina di una donna alla guida di Palazzo Chigi. Ma, almeno in questo caso, la differenza di genere ha contato nulla.
Perché la giovane Meloni non ha mai messo le donne al centro dell’attività del e nel suo partito. Semmai, c’è da temere che proprio sui diritti conquistati dalle donne, si faranno drammatici passi indietro.
Tuttavia le va riconosciuta una notevole capacità politica che la colloca sicuramente al di sopra dei suoi alleati, Salvini e Berlusconi. E, grazie ai numeri parlamentari, Meloni potrà esercitare una leadership probabilmente anche più duratura rispetto ai partner di maggioranza.
Il tempo ci dirà molte cose, anche se già parla chiaro il lessico autarchico usato per cambiare i nomi di alcuni ministeri (“Famiglia e natalità”, “Agricoltura e sovranità alimentare”, “Delle imprese e del Made in Italy), e di segno liberista (“Istruzione e merito”). Con gli impegni programmatici che seguiranno, capiremo quale direzione prenderà il Paese sul piano economico, sociale, internazionale (indigesto mix di atlantismo e putinismo).
E sul piano costituzionale, quando questa destra (che nulla ha a che fare con le destre liberali di altri Paesi), metterà mano alla Costituzione, cambiandola in senso presidenzialista e del regionalismo censitario.
Lo shock iniziale non può, non deve essere superato come fosse soltanto uno stordimento momentaneo. Noi di sinistra, come ogni cittadino democratico e antifascista, dobbiamo chiederci come mai siamo stati sconfitti tanto duramente, per quali ragioni ci ritroviamo la destra al potere, perché non siamo riusciti a diventare una maggioranza solida, credibile, duratura.
In tanti hanno perso fiducia nelle “magnifiche sorti e progressive”.
Tanti, troppi lavoratori non riconoscono più nei partiti democratici uno “scudo” protettivo. E tanti, troppi giovani non vedono la sinistra come forza propulsiva, in grado di offrire un futuro, una speranza. Dovremo capire perché il nostro mondo stia vivendo un dramma tanto profondo, quasi esistenziale.
Ma dovremo anche impegnarci a contrastare, giorno per giorno, le parole, gli atti, i comportamenti di chi crede solo nel vecchio motto della Casa delle libertà di guzzantiana memoria. La libertà non già nei diritti di tutti, con qualunque colore della pelle, orientamento sessuale, condizione sociale.
Saranno tempi duri. Ma metteremo tutto l’ impegno per non morire reazionari. |