Cultura

Non è più un Paese per operai. Intervista a Amy Goldstein

Non è più un Paese per operai. Intervista a Amy GoldsteinTennessee Valley Authority parade float, 1936. Archives of American Art, Smithsonian Institution

Storia sociale Parla l’autrice di «Janesville. Una storia americana» (Luiss), vincitrice del Pulitzer e giornalista del «Washington Post». La comunità di un centro industriale del Wisconsin fa i conti con il trasferimento altrove della General Motors. «Volevo raccontare un microcosmo che rappresentasse tutti i luoghi che hanno sofferto a causa della crisi finanziaria globale del 2008. Mi sono imbattuta sia nella disperazione che nella resilienza. Molti però negavano soltanto che fosse vero: il lavoro sarebbe tornato, come era accaduto per un secolo»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 1 maggio 2020
Quando, nel maggio del 1933 si inaugurò l’Esposizione universale di Chicago, dedicata a «un secolo di progresso», duecento operai dello stabilimento della General Motors di Janesville ricevettero 7 dollari e una divisa pulita al giorno per assemblare delle berline Chevrolet Master Eagle a quattro porte sotto una passerella che poteva contenere mille spettatori. «Fra tutti i meravigliosi spettacoli offerti dal fervore dell’industria moderna», recitava una brochure realizzata dalla GM per l’esposizione, «nessuno è più affascinante per gli occhi della fabbricazione di un’autovettura». Poco importa che quell’anno, nel pieno della Grande Depressione che aveva fatto seguito alla crisi del 1929, la...

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