Politica
Pci e Praga, incertezza e viltà
La stagione infranta Non fu una pagina gloriosa per i comunisti italiani quella del «nuovo corso» socialista in Cecoslovacchia. I più avvertiti della crisi a Est erano stati Togliatti e Longo. Poi, caduto il Muro di Berlino, senza «elaborare il lutto», fu buttato a mare anche l’Ottobre
Il nuovo Comitato centrale del Pcc sfila per le vie di Praga foto Ctk foto Reuters-Josef Koudelka-Magnum Photos – foto Reuters-Josef Koudelka-Magnum Photos
La stagione infranta Non fu una pagina gloriosa per i comunisti italiani quella del «nuovo corso» socialista in Cecoslovacchia. I più avvertiti della crisi a Est erano stati Togliatti e Longo. Poi, caduto il Muro di Berlino, senza «elaborare il lutto», fu buttato a mare anche l’Ottobre
Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 19 agosto 2018
Non fu una pagina gloriosa per il Pci quella della Cecoslovacchia. Il «nuovo corso» era l’estremo tentativo di uscita dalla rigidità del sistema condotto da un partito comunista ancora forte, sostenuto da una intellighentia impegnata e da una fiducia popolare esente dalle spinte anticomuniste che si erano infiammate nel 1956 nella rivolta ungherese. Il Pci lo capì e lo sostenne fino all’invasione: allora parlò di «tragico errore», ma non decise quello «stacco» che avrebbe compiuto a freddo molto più tardi. Né appoggiò l’opposizione a Gustav Husak; anzi gli esiti di Praga parvero suggerirgli somma prudenza sui fatti polacchi, dove nello...