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Pomigliano d’Arco, il manichino di pezza esibito e i corpi reali
«Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti». Così scriveva Maria Baratto, operaia del gruppo Fiat, da quattro anni in cassa integrazione. Due anni […]
«Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti». Così scriveva Maria Baratto, operaia del gruppo Fiat, da quattro anni in cassa integrazione. Due anni […]
Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 30 settembre 2018
«Non si può continuare a vivere per anni sul ciglio del burrone dei licenziamenti». Così scriveva Maria Baratto, operaia del gruppo Fiat, da quattro anni in cassa integrazione. Due anni dopo, il 20 maggio del 2014, colpendosi con quattro coltellate nel ventre renderà presaghe quelle parole e insieme l’anima sua. Cinque operai dello stabilimento di Pomigliano d’Arco, qualche giorno dopo quel suicidio – il terzo in quel polo industriale – appendono un fantoccio di pezza e gommapiuma a un palo davanti ai cancelli della fabbrica, gli passano una corda intorno al collo e attaccano sul volto una fotografia dell’allora amministratore...