Da quel che si legge e si è letto finora Shawn Fein, leader dei metalmeccanici Usa, è figura altamente “simpatica”.
Ma in base alla storia del movimento operaio risulta difficile aspettarsi dalla classe operaia del paese capitalista egemone su scala mondiale una vera scossa rivoluzionaria. Sono troppi i vantaggi che quella egemonia fa comunque ricascare (il famigerato trickle down) sul lavoro dipendente (e più specificatamente operaio) rispetto alla classe lavoratrice degli altri paesi. È stato così per l’ Inghilterra dell’ Ottocento, fino alla prima guerra mondiale; e così per gli Usa fino ad oggi.
Per questo in Gran Bretagna il movimento operaio non è mai andato oltre la fase di organizzazione sindacale e laburista; e la variante comunista ha fatto presa solo tra scarsi strati intellettuali.
Negli Usa poi l’establishment, già dalla seconda metà dell’Ottocento, ha avuto una cura estrema nello stroncare sul nascere, con ogni mezzo, ogni tentativo del movimento operaio di organizzarsi su criteri effettivamente rivoluzionari: sia nella variante anarchica prima, che in quella socialista e comunista poi. Dalle impiccagioni per i fatti di Haymarket Square a Chicago, a Sacco e Vanzetti, al maccartismo paranoico del secondo dopoguerra, alla repressione delle Pantere Nere, e così via fino ad oggi.
Sarei estremamente contento di sbagliarmi: ma da questi scioperi delle tute blu statunitensi non credo possa derivare una spinta anti-capitalista veramente utile e significativa.