Capi di stato, scultura di Howard Hankins
Capi di stato, scultura di Howard Hankins
Internazionale

Quella lunga striscia di sangue che porta alla Casa bianca

Stati uniti Da Lincoln a Trump passando per Garfield, McKinley, i Kennedy e Reagan... da secoli la storia americana è costellata di fucilate contro i presidenti

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 14 luglio 2024

Un’altra volta. Sembra impossibile ma di nuovo la storia americana potrebbe prendere una strada diversa (e catastrofica) a causa di un attentato.

Era successo nel 1865, pochi giorni dopo la resa degli schiavisti del Sud, quando John Wilkes Booth entrò tranquillamente nella loggia di Abraham Lincoln a teatro e lo uccise.

L’ingresso alla Casa Bianca del vicepresidente Andrew Johnson, che intendeva rimettere al potere nel Sud le élite secessioniste, fu una catastrofe per i progetti di emancipazione degli ex schiavi a cui, durante le fasi finali della guerra di Secessione, erano stati promessi piccoli appezzamenti di terreno e i mezzi per coltivarli. Johnson bloccò tutti i progetti di questo tipo e sopravvisse anche al primo impeachment della storia repubblicana.

Capi di stato, scultura di Howard Hankins
Capi di stato, scultura di Howard Hankins

Appena 16 anni dopo, nel 1881, un nuovo attacco: in questo caso contro il neopresidente James Garfield, entrato in carica appena quattro mesi prima, quando uno squilibrato gli sparò alla stazione di Washington. Ed era il 1901, quando un anarchico polacco, Leon Czolgsz, sparò a William McKinley, catapultando Theodore Roosevelt alla presidenza. Roosevelt, a sua volta, fu ferito durante la campagna elettorale del 1912 ma continuò tranquillamente il suo comizio.

Ci furono altri atti di violenza nei confronti dei presidenti americani nei decenni ma occorre arrivare al 1963 e all’omicidio di John Kennedy a Dallas per trovare un altro attentato riuscito.

Forse ancora più importante fu l’assassinio del fratello, Robert Kennedy, nel 1968, che determinò l’elezione di Nixon e la prosecuzione per altri cinque anni della guerra in Vietnam.

Jacqueline Kennedy con i figli Caroline e John Jr. al funerale del presidente a Washington DC il 25 novembre 1963
Jacqueline Kennedy con i figli Caroline e John Jr. al funerale del presidente a Washington DC il 25 novembre 1963, foto Ap

Ronald Reagan se la cavò per un soffio, il 30 marzo 1981, quando John Hinckley sparò a lui, al suo addetto stampa e a un poliziotto; (Reagan, con un polmone perforato, rischiò di morire sotto i ferri ma la Casa Bianca continuò a diffondere comunicati rassicuranti).

Anche contro Clinton e Obama ci furono dei tentativi, dilettanteschi, ma nulla di simile a quanto è avvenuto in Pennsylvania ieri; il ventenne che ha sparato ha colpito Trump all’orecchio destro: cinque centimetri più a sinistra e di Trump oggi si parlerebbe solo nei necrologi.

A pensarci bene, l’attentato contro Trump arriva più tardi di quanto sarebbe stato prevedibile: i nove anni passati dalla sua prima candidatura ad oggi sono stati caratterizzati da una escalation di violenza verbale e fisica, culminata nell’assalto al Congresso organizzato dallo stesso Trump il 6 gennaio 2021.

Una violenza verbale che è sempre stata al centro della retorica del candidato prima e del presidente poi. Uno stile comunicativo che ha indotto i suoi seguaci ad armarsi, a sparare contro i manifestanti democratici (in Illinois) o a investirli con un’auto in corsa (in South Carolina).

Tutto questo nel contesto di una violenza non politica ma onnipresente, con stragi di massa nelle scuole (a Uvalde, in Texas) o ai concerti (a Las Vegas). Inevitabile che, prima o poi, qualche squilibrato spuntasse fuori anche nel campo dei suoi oppositori.

Non da oggi, le immagini sono tutto nelle campagne elettorali americane e l’inquadratura di Trump con il pugno alzato, visibile attraverso la cintura umana di agenti che lo proteggevano diventerà il logo della sua campagna elettorale da oggi al 5 novembre.

Una foto già conica: Donald Trump iircondato dagli agenti dei servizi segreti pochi istanti dopo l'attentato a Butler in Pennsylvania, foto di Evan Pucci /Ap
Una foto già iconica: Donald Trump circondato dagli agenti dei servizi segreti pochi istanti dopo l’attentato a Butler in Pennsylvania, foto di Evan Pucci /Ap

Un gesto di sfida coerente con lo stile dell’ex presidente, che ora si presenterà come una vittima della “persecuzione” dei democratici e probabilmente consoliderà il suo vantaggio su Biden, indebolito dagli attacchi sul tema della sua età avanzata e dalla mancanza di compattezza e convinzione nel partito democratico.

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