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Rio, è «guerra» in periferia. E Amnesty conta i morti

Rio, è «guerra» in periferia. E Amnesty conta i morti

Rio 2016 E oggi gli attivisti di Vila Autodromo hanno organizzato un incontro con i media internazionali: la comunità è stata sacrificata per fare posto al villaggio olimpico, ma continua a battersi

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 13 agosto 2016
Ivan Grozny Compasso RIO DE JANEIRO

La vita delle persone può dipendere anche dal sistema Gps. Non è un riferimento ai taxi che fanno giri strani confidando maliziosamente sul fatto che lo straniero non sappia orientarsi a Rio. Riguarda, invece, un episodio di cronaca che in Brasile ha innescato polemiche e discussioni.

Una pattuglia della Força Nacional si è “persa”: così si è ritrovata, in modo inconsapevole, nel complesso della Marè. Quelli della FN sono agenti che vengono da fuori e Rio è difficile perfino per chi la conosce. Non esattamente la migliore delle situazioni, quella in cui si sono trovati gli agenti, alla luce di quanto accade ogni giorno e peggio ancora ogni notte. La jeep della FN deve essere subito stata notata, quando ha scelto di attraversare Vila do Joao. Una sventagliata di colpi d’arma da fuoco ha ferito tre agenti. Per tutta risposta una rappresaglia, con elicotteri e mezzi blindati, sta pesantemente attaccando la zona.

Lì è guerra vera. Si calcola che per ogni poliziotto ucciso sono poi state ammazzate almeno 25 persone. Un conto che può sembrare sommario: invece, secondo Amnesty Brasil – che qui si dà davvero da fare attraverso le testimonianze raccolte da vari osservatori e associazioni direttamente sul campo – va confermato per difetto nelle “statistiche” pubblicate.
Non è difficile capire cosa stia accadendo in queste giornale olimpiche a Rio. La zona è inaccessibile: le notizie arrivano soltanto da chi si trova sul posto per forza maggiore, sotto tiro per la sola colpa di vivere in un posto e in un altro. E vale lo stesso per Vila Autodromo. Per oggi è previsto l’incontro con la stampa internazionale convocata dagli attivisti di Vila Autodromo, la comunità che è stata letteralmente sacrificata per fare posto al villaggio olimpico. Si sono battuti per anni e continuano a ancora farlo.

Mentre i Giochi vanno avanti sotto i riflettori mediatici, la vita quotidiana prosegue anche nella città che resta “fuori onda”. E se si va ad osservare con attenzione, gli impianti sportivi dei Giochi non sono gremiti e neppure di fronte agli schermi dei vari locali e ristoranti non si nota gran folla a seguire le gare in diretta tv. Tranne quando gioca la Seleção, ma questo è scontato in tutto il Brasile.

Nel Boulevard olimpico e negli altri luoghi di aggregazione sotto il segno dei cinque cerchi l’atmosfera migliora insieme alla presenza della gente. Soprattutto se in programma ci sono concerti. Durante il giorno, invece, il pubblico dei Giochi non si ferma negli stand: preferisce passeggiare, scattare foto dove Kobra, su commissione del Comune di Rio, ha coperto di mural raffiguranti indigeni di tutto il mondo l’edificio più grande che costeggia il Boulevard. Di fatto, è diventato il “selfie-ficio” delle Olimpiadi 2016. Nulla può distrarre dall’attività più gettonata nel Boulevard che va da Praca Saùde a Praca XV.

L’altra “calamita” per la gente è rappresentata dalla musica: un’infinita quantità di artisti e band che hanno capito bene come questo è il palcoscenico giusto dove esibirsi. Alla vigilia dei Giochi, lo stesso luogo era il nulla: spazio che sembrava predestinato a rapide e svogliate passeggiate per muoversi da una piazza all’altra. Ma poi sono spuntati un sacco di artisti che hanno reso l’atmosfera davvero brasiliana. E la folla è arrivata…

Se non si vuole camminare si può sempre prendere il VLT, il trenino che collega Cinelandia con la zona portuale. Ha difficoltà a muoversi, se non viene scortato dai vigili. Una signora in fila per acquistare il biglietto chiede a uno dei tanti agenti presenti: «Anche dopo le Olimpiadi ci sarà la scorta al tram?». L’agente sorride e non risponde.

Sui muri spuntano già gli slogan “o VLT tropela” (il VLT investe), che strappano un sorriso e nellostesso tempo rendono l’idea di quanto precaria sia questa opera. Di sicuro, non è pronta per circolare liberamente e troppo spesso cali di energia ne rallentano la corsa.

Il biglietto, come in qualsiasi mezzo di trasporto pubblico, è però stato appaltato a una azienda privata: non è affatto economico, considerando il breve tratto di percorrenza. D’altro canto, immaginare che i lavori siano stati eseguiti male perché l’importante è guadagnare, potrebbe rivelarsi miope. È del tutto evidente come il centro di Rio, Lapa e Santa Teresa compresi, cambieranno nel corso dei prossimi anni. Con il trenino si sta, passo passo, conquistando sempre nuovo territorio.

Perfino Pedra do Sal è diventata oggetto di attenzioni speculative, visto che il lunedì sera, di segunda feira, ci sono talmente tante persone che gli affaristi vogliono allungare le mani. È una zona prossima al porto che proprio in occasione dei Giochi sta cambiando completamente identità, faccia e anima.

In questi anni chi ha lavorato qui (dove un tempo venivano portati gli schiavi per essere mostrati e venduti), sono gli ambulanti: presenza caratteristica con ogni tipo di merce, cibo compreso.

Poi i musicisti hanno cominciato a darsi appuntamento ogni lunedì nell’angolo nascosto di Rio. E l’iniziale passaparola per addetti ai lavori ha assunto dimensioni e forza di un evento da non perdere. Tanto più quando i social hanno fatto rimbalzare il lunedì musicale in rete. Gli stranieri in città – che non sono affatto tanti come ci si augurava -si sono adeguati: è più probabile trovarli in luoghi caratteristici e tradizionali, come questo che negli itinerari ufficiali griffati a cinque cerchi.

Questo è un altro indice di come i Giochi di Rio non siano riusciti a decollare. L’atmosfera è innegabilmente brasiliana, ma basta uscire dai soliti posti per verificare che non c’è vera partecipazione da parte di chi abita lontano dai siti olimpici.

Le soddisfazioni nazionali dalle gare, fino ad ora, non sono praticamente arrivate: i media puntavano moltissimo su questo aspetto, caricando ancora di più di responsabilità atleti che non sono abituati alle grandi ribalte. Lo si nota ancor di più quando sono intervistati dopo le gare. Si dimostrano timidi, un po’ impacciati, quasi si scusano di non avere compiuto l’impresa di qualificarsi a un turno successivo e attendono dall’opinionista di turno una sorta di assoluzione.

Per le strade questo non si percepisce. Anzi si vede altro. Come raccontato già una settimana fa, erano “scomparsi” da Rio i senza dimora. Ora si ricominciano a vedere. Le strade interne di Copacabana – visto che il lungomare è impraticabile per chi vuole vendere qualsiasi cosa – sono piene di commercianti che cercano di trovare altre collocazioni. Se ne trovano ovunque da un paio di giorni e l’impressione è che col week end saranno sempre di più.

In particolare, chi propone gadget olimpici non originali rischia dalla multa fino all’arresto. Improbabile, perché si dovrebbe portare via centinaia di persone. Vendono di tutto. Dalle finte medaglie alle bandiere, dalle sciarpe fino introvabili Reais dei Giochi. Proposte a 100 e più monete che varrebbero una, coniate qualche mese fa e già sparite dalla circolazione. Un Carnevale del commercio con saltimbanchi, piccole churrasquerie mobili, pezzi di artigianato.

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