Internazionale
Scambio, politica, assedio: le tre vie delle famiglie degli ostaggi
Israele «Io dico: vuoi l’acqua? Ridammi mio fratello». «Non puoi dire che vai in guerra per vendetta, la vendetta non è un obiettivo». La Tel Aviv «divisa» sull’operazione a Gaza si unisce su un obiettivo: Netanyahu deve andarsene. Sullo sfondo, restano i rapiti dimenticati: poveri, mizrahim, beduini
Il presidio a Kaplan Street per lo scambio di prigionieri – Chiara Cruciati
Israele «Io dico: vuoi l’acqua? Ridammi mio fratello». «Non puoi dire che vai in guerra per vendetta, la vendetta non è un obiettivo». La Tel Aviv «divisa» sull’operazione a Gaza si unisce su un obiettivo: Netanyahu deve andarsene. Sullo sfondo, restano i rapiti dimenticati: poveri, mizrahim, beduini
Pubblicato circa un anno faEdizione del 2 novembre 2023
Chiara CruciatiINVIATA A TEL AVIV
Sono appoggiati su una panchina a Kaplan Street, di fronte al presidio permanente delle famiglie degli ostaggi: cartelli con su scritto «All for all today». «Prisoner deal for Israel’s survival», lo slogan con il pennarello rosso lasciato sopra un altro cartoncino. Questo pezzo di strada nel cuore di Tel Aviv, a pochi passi dal quartier generale dell’esercito, i familiari delle persone rapite da Hamas nel sud di Israele il 7 ottobre non lo mollano. Hanno montato una tenda, sedie di plastica, cartoni d’acqua. Una signora si presenta con una torta al cioccolato. Su un albero hanno appeso cordoncini gialli («Come...