Internazionale
Schiavi del tessile in Myanmar
Decine di marchi di abbigliamento, tra cui le italiane Moschino e Liu Jo, continuano a fare affari nel Paese anche dopo il colpo di stato e le misure restrittive stabilite dalla Ue
Myanmar, lavoratrici della fabbrica Great Forever nella zona industriale di Hlaing Tharyar, nella periferia di Yangon – Ap
Decine di marchi di abbigliamento, tra cui le italiane Moschino e Liu Jo, continuano a fare affari nel Paese anche dopo il colpo di stato e le misure restrittive stabilite dalla Ue
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 27 luglio 2022
Un comparto economico estremamente importante per l’ex Birmania e la sua giunta militare, salita al potere sospendendo la democrazia con un colpo di stato il 24 febbraio 2021, è il settore del tessile e dell’abbigliamento. Nelle aree industriali del Myanmar, imprese locali quasi tutte cinesi (ma ce n’è anche qualcuna birmana, taiwanese, indiana o coreana) lavorano per 61 brand europei, pagando regolarmente le tasse alla giunta militare golpista. Sulla base di documenti ufficiali, in possesso anche dell’Unione europea, a fornire le commesse sarebbero marchi noti, quali ad esempio Adidas (Germania), Zara e Bershka (Spagna), C&A (Paesi Bassi), Only e Vero...