Editoriale

Se otto pagine in più vi sembrano poche

Se otto pagine in più vi sembrano poche

Editoria Dal primo marzo saremo in edicola ogni giorno a 24 pagine, 8 pagine in più che, insieme agli attuali inserti (Extraterrestre, Alias-Sabato e Alias-Domenica e In Asia) offriranno ai nostri lettori e alle nostre lettrici più notizie, naturalmente quelle che scegliamo noi, il racconto, l'inchiesta e l'elaborazione di un pensiero di sinistra che impegna competenze e passioni, nostre e vostre

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 1 marzo 2019

Care lettrici e cari lettori,

con voi condividiamo da quasi 50 anni l’impegno a far vivere il nostro giornale e dobbiamo essere sinceri nel dirvi e dirci cosa ci aspetta.

E la verità è semplice quanto dura: se neppure quel po’ che resta del Fondo dell’Editoria sarà garantito alle testate che ne hanno diritto (il manifesto prima fra tutti visto che alle spalle non ha né un partito, né una Fondazione, né un finanziatore), allora molto probabilmente dovremo affrontare una condizione inedita.

Il taglio sarà immediato e progressivo.

Da tempo navighiamo tra Scilla e Cariddi, tra la crisi storica del mercato della carta stampata e la altrettanto storica crisi della sinistra.

Per combattere gli invincibili mostri del nostro tempo, la rassegnazione e l’indifferenza quanto l’ignoranza e la violenza, in questi ultimi anni abbiamo lavorato a rafforzare questa nostra casa comune (la testata nella forma cooperativa con i suoi bilanci in ordine).

Ma ecco che, non bastasse la crisi precipitosa del settore, il nuovo governo del cambiamento ci viene contro con tutta la forza provocando un enorme danno, minando le nostra fondamenta.

Se crolla il pilastro dei Fondi dell’editoria (come avverrà nei prossimi mesi) davanti a noi si profila la tempesta perfetta. Reagiremo anche questa volta, come accadde quando ci siamo ricomprati la testata, pronti a difenderci, convinti che la miglior difesa sia l’attacco.

Dal primo marzo saremo in edicola ogni giorno a 24 pagine, 8 pagine in più che, insieme agli attuali inserti (Extraterrestre, Alias-Sabato e Alias-Domenica e In Asia) offriranno ai nostri lettori e alle nostre lettrici più notizie, naturalmente quelle che scegliamo noi, il racconto, l’inchiesta e l’elaborazione di un pensiero di sinistra che impegna competenze e passioni, nostre e vostre.

C’è bisogno di più approfondimento sui fatti italiani e internazionali. Oggi iniziamo con le primarie del Pd, domani parleranno le donne e il nuovo nastro camminerà ogni giorno.

Il vostro sostegno è indispensabile, l’abbonamento postale e l’acquisto in edicola sono i due strumenti principali, rappresentano la condizione necessaria per accompagnarci nell’impresa di scommettere sulla qualità del giornale e sulle vendite.

Noi ci mettiamo volontà e impegno, ma per vincere la scommessa di questo rilancio serve una vostra risposta concreta e costante, serve andare contro corrente, quella corrente che fa calare le vendite dei quotidiani con segni meno anche in doppia cifra davanti a molte testate.

Una parte centrale in questo disastro “ce l’ha il fatto che solo il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo”, come scriveva Tullio De Mauro, dieci anni fa.

Oggi le percentuali di analfabetismo in Italia raggiungono il 28% contro il 18% negli Stati Uniti e in Germania. I quotidiani hanno perso il 30 per cento dei lettori, la spesa degli italiani per libri e giornali si è ridotta del 38 per cento, quella per computer e audiovisivi è aumentata del 54 per cento.

Se l’informazione è un diritto costituzionalmente garantito, si devono mettere in campo le condizioni perché questo diritto non resti lettera morta.

E se l’informazione non è una merce come le altre – come ricordava sempre Luigi Pintor – le fonti di finanziamento non possono essere lasciate al mercato che mal sopporta le Costituzioni del Dopoguerra proprio perché mettono in discussione la legge del più forte.

Specialmente in Italia, paese dove le concentrazioni editoriali hanno sempre dettato legge, con la spartizione delle risorse pubblicitarie tra grandi gruppi editoriali e televisivi, scendiletto del potere politico nel caso del servizio pubblico e privato, mentre i quotidiani sono in mano agli interessi dei gruppi finanziari, ogni tanto pizzicati dalla magistratura per traffici poco onorevoli.

Ce ne sarebbe abbastanza per gettare la spugna abbandonando a se stesso questo manifesto-calabrone, che vola da molte generazioni contro le stesse leggi della fisica.

Invece le nostre energie e le nostre speranze le spendiamo potenziando il giornale e chiedendo al sottosegretario Crimi, di riflettere prima di dire nelle sue interviste che il Fondo dell’editoria ha favorito le cooperative rispetto ad altre categorie. Dovrebbe sapere che la legge sull’Editoria si fondava proprio sul principio di aiutare le cooperative editoriali che stampavano giornali nazionali, che vendevano in edicola, che avevano migliaia di abbonati, che pagavano i collaboratori con tariffe dignitose, che osservavano i minimi contrattuali e tutto il resto, esattamente come facciamo noi da sempre.

L’ignoranza e la violenza dei 5Stelle contro l’informazione e i giornali va contrastata fino in fondo.

Come esempi di incoraggiamento sul futuro della carta guardiamo a quel milione di abbonati cartacei nel New York Times, invidiamo i 78 milioni di copie di giornali vendute in Giappone, il paese che vende più giornali di carta grazie all’antico sistema del porta-a porta, richiamato in servizio. Naturalmente ci contentiamo di molto meno, ma l’obiettivo è quello di trovare un maggiore riscontro in edicola e negli abbonamenti.

Certo, si può fare anche un giornale solo on-line, ma perderemo la nostra storica identità. E’ il medium che fa il messaggio e allora la carta è un pezzo forte della mediazione culturale che incarna il quotidiano rapporto con il lettore.

Se oggi non fossimo di fronte alla mannaia dei tagli potremmo lavorare, come stavamo iniziando a fare, a un nuovo rapporto carta-digitale, ma sono processi che hanno bisogno di mezzi e di tempo, esattamente quel che oggi Palazzo Chigi ha deciso di toglierci.

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