Europa
Sea Eye: «Abbiamo chiesto un porto sicuro a tutta l’Europa. Nessuno ha risposto»
Intervista a Carlotta Weibl «A bordo abbiamo 65 naufraghi allo stremo delle forze, tra cui 39 minori. Il più giovane è un ragazzo di 12 anni. Si tratta di persone che hanno bisogno di cure sanitarie immediate, che si trovano in mare ormai da troppi giorni», spiega la portavoce della ong tedesca proprietaria della Alan Kurdi
Carlotta Weibl, portavoce Sea Eye
Intervista a Carlotta Weibl «A bordo abbiamo 65 naufraghi allo stremo delle forze, tra cui 39 minori. Il più giovane è un ragazzo di 12 anni. Si tratta di persone che hanno bisogno di cure sanitarie immediate, che si trovano in mare ormai da troppi giorni», spiega la portavoce della ong tedesca proprietaria della Alan Kurdi
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 7 luglio 2019
Sebastiano CanettaBERLINO
Carlotta Weibl, portavoce di Sea Eye, la Ong tedesca proprietaria della nave Alan Kurdi, stacca qualche minuto l’orecchio dal satellitare di servizio per rispondere alle domande del manifesto. Da oltre venti giorni è in collegamento costante con l’equipaggio e soprattutto con il capo missione Gorden Isler che ieri ha denunciato come «negli ultimi giorni 44 rifugiati sono morti nel bombardamento di un campo-profughi e quindi la Libia non è un posto sicuro per nessuno. La Alan Kurdi non riporterà i naufraghi nell’inferno libico che restituisce «racconti di torture, violenze sessuali, traffico di esseri umani e omicidi. E il fatto che...