Visioni

Sons of Kemet, tra jazz e Africa i suoni della Londra meticcia

Sons of Kemet, tra jazz e Africa i suoni della Londra meticciaSons of Kemet – foto di Adriano Bellucci

Musica La tappa romana del gruppo guidato da Shabaka Hutchings, un ora e venti minuti di brani dall'impatto aggressivo e ipnotico

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 3 agosto 2018
Sons of Kemet ha un suono aggressivo, ipnotico, che accumula riff e macina ritmi. All’inizio Shabaka Hutchings (leader tenorista) e il suo quartetto si impongono al pubblico del Roma Jazz Festival con alti volumi, cappelli, le due batterie al centro, ai lati sassofono e tuba (l’eccellente, infaticabile Theon Cross). Il bis – dopo un’ora e venti di concerto tiratissimo – è un’improvvisazione acustica per batteria e tenore, dal suono rotondo: ben diverso dal timbro elettronicamente modificato – tagliente, nasale, a tratti urticante – che Hutchings ha usato, quasi ostentato, per tutto il recital. Successo di pubblico, spettatori soddisfatti, una parte...

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