Europa
Tra la morte e la vita. Corridoi chiusi per Mariama e le altre
Inferno Libia Una giovane migrante africana racconta la sua fuga dall’orrore del «porto sicuro», con in braccio il frutto delle violenze subite
Mariama Kamara con i suoi gemelli nel centro della Mezzaluna Rossa a Medenine – Pierfrancesco Curzi
Inferno Libia Una giovane migrante africana racconta la sua fuga dall’orrore del «porto sicuro», con in braccio il frutto delle violenze subite
Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 19 luglio 2019
Pierfrancesco CurziMEDENINE (TUNISIA)
Per cinquanta giorni militari, poliziotti e uomini d’affari libici hanno abusato di lei come di altre giovani migranti africane. Rapite e tenute in ostaggio a Zuwara, centro costiero libico a metà strada tra Tripoli e il confine tunisino, all’interno di un edificio diroccato, ma con porte e finestre al loro posto per non farle scappare. Ammassate a terra come bestie, costrette ad almeno 4-5 rapporti al giorno: «Chi si rifiutava veniva picchiata e torturata. Ho visto almeno un paio di ragazze morire vicino a me, stremate da settimane di violenze. Sono riuscita a sopportare quell’orrore e ad andare avanti, sperando...