Israele e Palestina, un anno di una guerra
Tremenda vendetta Dal giorno dell'attacco di Hamas alla "tremenda vendetta" di Israele, fino agli ultimi eventi: le date principali del conflitto
Tremenda vendetta Dal giorno dell'attacco di Hamas alla "tremenda vendetta" di Israele, fino agli ultimi eventi: le date principali del conflitto
7 ottobre 2023 | Militanti di Hamas lanciano un attacco senza precedenti contro Israele. Mentre centinaia di razzi partono da Gaza, decine di uomini armati superano il confine, entrano in basi militari e kibbutz, uccidendo circa 1.200 persone tra civili e soldati e catturandone 250. Israele blocca la fornitura di elettricità nella Striscia e comincia i bombardamenti. L’esercito richiama i riservisti.
13 ottobre | L’esercito israeliano ordina a 1,1 milioni di palestinesi di lasciare entro 24 ore il nord di Gaza e dirigersi verso sud. Comincia l’esodo che porterà, nel giro di un anno, allo sfollamento del 90% della popolazione della Striscia (dati Ocha). L’ultimatum vale anche per il personale Onu. Le Nazioni unite avvertono che la decisione avrà conseguenze umanitarie devastanti. “Senza ritorno“, titola il manifesto.
17 ottobre | Tardo pomeriggio, un missile colpisce l’ospedale battista Al-Ahli di Gaza City. Le vittime sono più di 400 secondo le autorità di Gaza. Per Israele la struttura sanitaria è stata colpita da un razzo di Hamas caduto per errore. I miliziani negano e accusano Tel Aviv di aver commesso una strage. Medici e personale sanitario tengono una conferenza stampa circondati dai cadaveri.
27 ottobre | Israele lancia l’offensiva di terra nella Striscia: l’esercito entra nella zona settentrionale di Gaza con mezzi corazzati, aerei ed elicotteri. Tel Aviv taglia tutte le comunicazioni all’interno della Striscia, comprese le reti utilizzate dai soccorritori per coordinare le ambulanze. Iniziano i combattimenti tra i militari e i combattenti di Hamas e altri gruppi. L’Onu chiede una tregua umanitaria immediata.
24 novembre | Inizia la tregua tra Hamas e Israele. In una settimana saranno liberati 105 ostaggi israeliani e 250 prigionieri politici palestinesi. Le ostilità riprenderanno il primo dicembre, quando l’esercito lancerà il primo grande assalto di terra a Khan Younis, nel sud di Gaza, dove si sono rifugiati migliaia di palestinesi scappati dal nord. Alla popolazione viene di nuovo ordinato di spostarsi.
12 gennaio 2024 – Stati uniti e Gran Bretagna attaccano nella notte lo Yemen, colpendo diversi obiettivi logistici e militari. Il raid è una rappresaglia per il sostegno degli Houthi, alleati dell’Iran, ad Hamas. Il gruppo yemenita, governo de facto in mezzo Yemen, dichiara che gli attacchi alle navi commerciali dirette in Israele sono azioni di supporto al popolo palestinese e contro la guerra di Gaza.
26 gennaio – La Corte internazionale di Giustizia dichiara che esistono prove sufficienti per valutare l’accusa di genocidio presentata contro Israele dal Sudafrica. Il tribunale più alto del pianeta ordina a Tel Aviv di prendere tutte le misure necessarie per prevenire atti di genocidio ma non di fermare i bombardamenti. Il ministro della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, accusa la Corte di antisemitismo.
29 febbraio – Le truppe israeliane aprono il fuoco sulla folla di palestinesi accalcata lungo Al Rasheed Street, nel nord di Gaza, in attesa di ricevere aiuti alimentari dai camion. Più di 100 persone vengono uccise in quello che sarà ricordato come il «massacro della farina». Uno dei mezzi adoperati per consegnare il cibo verrà utilizzato per trasportare feriti e cadaveri verso gli ospedali. “Tiro alla fame“, titola il manifesto.
1 aprile – Israele uccide 7 operatori umanitari (un palestinese e sei stranieri) della World Central Kitchen a Deir el-Balah, a Gaza. Lo stesso giorno bombarda l’edificio dell’ambasciata iraniana a Damasco, causando 16 morti tra cui due ufficiali della Forza Quds della Guardia rivoluzionaria. Il 13 aprile Teheran risponderà con un massiccio attacco missilistico che non causerà vittime.
7 maggio – Israele prende il controllo del valico di Rafah tra Gaza ed Egitto, isolando del tutto la Striscia e cominciando, con i carri armati, una avanzata militare nella città diventata rifugio per 1,4 milioni di persone. La bandiera palestinese viene sostituita da quella israeliana e nuovi ordini di evacuazione causano la fuga di 600mila civili, molti dei quali si dirigono a Nuseirat. Il valico non è mai stato riaperto. “Il travalico di Rafah” è il titolo del manifesto.
8 maggio – All’ospedale palestinese di al-Shifa, il più grande di Gaza, viene scoperta una terza fossa comune, sette giorni dopo il ritiro israeliano dall’area, sotto assedio completo dei militari per due settimane. Sono almeno sette le fosse comuni ritrovate nei pressi delle strutture sanitarie di Gaza. Più di 400 i corpi scoperti tra gli ospedali al-Shifa e al-Nasser, tra di essi molte donne e bambini.
20 maggio – Il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, chiede al tribunale di emettere mandati di arresto per il premier israeliano Netanyahu, il ministro della difesa Gallant e i tre leader di Hamas: Sinwar, Haniyeh e Deif. L’accusa è di crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Il presidente Usa Biden giudica la richiesta del mandato per Netanyahu «oltraggiosa».
8 giugno – In un’operazione militare le forze armate israeliane riescono a recuperare quattro ostaggi del Nova Festival portati da Hamas a Gaza. L’esercito fa incursione nell’affollato campo profughi di al-Nuseirat e copre la fuga con i bombardamenti, uccidendo almeno 274 palestinesi e ferendone 500. Netanyahu festeggia il successo. A Gaza gli ospedali sono travolti dai feriti.
31 luglio – Israele uccide a Teheran il capo politico di Hamas, Ismail Haniyeh (chi era: la scheda), poche ore dopo aver assassinato, a Beirut, Fouad Shukr, comandante dell’ala militare di Hezbollah. Dopo circa un mese, il movimento sciita libanese risponde lanciando razzi verso siti dell’esercito israeliano. Il leader Hassan Nasrallah dichiara che Hezbollah non intende colpire obiettivi civili ma solo militari.
28 agosto – Israele lancia in Cisgiordania l’operazione «Campi estivi», rinominata dai palestinesi «operazione bulldozer». L’esercito effettua decine di raid nei campi profughi e nelle città durante i quali, oltre agli arresti e alle uccisioni, i mezzi pesanti distruggono strade e infrastrutture civili, abbattono monumenti, danneggiano negozi e abitazioni, rendendo i campi inabitabili. “Prendono tutto“, titola il manifesto.
27 settembre – Un violento bombardamento a sud di Beirut rade al suolo sei edifici, uccidendo anche il capo di Hezbollah, Hassan Nasrallah (chi era: la scheda). Ordini di evacuazione vengono consegnati alla popolazione del sud del Libano e comincia una pesante campagna di attacchi aerei israeliani su diverse aree, compresa la capitale, che causa centinaia di morti e centinaia di migliaia di sfollati.
1 ottobre – L’Iran risponde agli omicidi dei propri leader militari, di Haniyeh e di Nasrallah con un attacco missilistico su Israele. Diversi video mostrano l’impatto con il terreno ma Israele non commenta i danni. Teheran dichiara di aver puntato a obiettivi militari e di averlo fatto per difesa. L’unica vittima è un palestinese. Israele promette dura vendetta. “Escalation per l’inferno” è il titolo del manifesto del 2 ottobre
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7 ottobre – In Israele si svolgono le cerimonie per ricordare le 1200 vittime dell’attacco di Hamas. Il paese si divide: da un lato il governo, dall’altro le famiglie degli ostaggi. Polemiche contro il primo ministro che non ha saputo riportare a casa gli ostaggi. A Tel Aviv la rabbia di chi è deluso per il mancato accordo sullo scambio di prigionieri con Hamas. “Ancora qui” è il titolo del manifesto. Intanto dal Libano sono già più di 300mila gli sfollati costretti a fuggire in Siria.
10 ottobre – Spari sul quartier generale Unifil a Naqoura, in Libano. L’Onu: attacco «intenzionale». Il ministro degli Esteri italiano, Crosetto, convoca l’ambasciatore di Tel Aviv: «Inaccettabile, possibile crimine di guerra». Nessuna scusa da Israele: «Spostatevi 5 km più a nord, il nostro esercito farà ciò che è necessario».
17 ottobre – Il leader di Hamas, Yahya Sinwar, è stato ucciso mercoledì 16 ottobre in uno scontro a fuoco a Rafah dall’esercito israeliano. La morte di Sinwar (chi era: la scheda) non è avvenuta per un «assassinio mirato», come è stato per il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, o per un attentato come nel caso di Ismail Haniyeh, il predecessore di Sinwar. I soldati hanno avvistato un gruppo di uomini armati entrare in un edificio e hanno chiesto a un carro armato di aprire il fuoco. Come titola un’analisi del manifesto del 18 ottobre, la guerra di massacro continua.
*con la collaborazione di Eliana Riva
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