Un calcio alla camorra
Storie La Nuova Quarto, una squadra sequestrata alla camorra e consegnata a un'associazione antiracket
Storie La Nuova Quarto, una squadra sequestrata alla camorra e consegnata a un'associazione antiracket
Prima hanno devastato le panchine. Poi hanno rubato le scarpette a tutti i calciatori. Quando hanno divelto delle grate di ferro per entrare nella segreteria e rubare coppe e medaglie di un recente torneo consacrato alla legalità in cui la Nuova Quarto aveva giocato contro una formazione di magistrati, più di uno ha sentito puzza di bruciato e ha pensato: vuoi vedere che non si tratta di atti di vandalismo ma di intimidazioni?
È una bella sfida, rilevare una squadra di calcio confiscata alla camorra nella periferia nord-ovest di Napoli, restituirla alla cittadinanza insieme al suo stadio e vincere pure il campionato.
A quattro giornate dalla fine, la Nuova Quarto per la legalità, magliette azzurre tendenti al blu, è prima in classifica, nonostante furti, sabotaggi e minacce di ogni genere. Come quella che un paio di domeniche fa ha fatto sbottare il «dirigente unico» Luigi Cuomo: «Ogni trasferta si trasforma in una sorta di caccia all’uomo ai danni dei nostri giocatori», ha dichiarato, esasperato, al termine della trasferta di Villa Literno, per la cronaca conclusasi sul 2 a 2. Per Cuomo, più che a una partita di calcio, sembrava di assistere a una gara di kickboxing, «davanti agli occhi dell’arbitro, che non è mai intervenuto».
Non stessimo a parlare di una squadra che un anno fa era il fiore all’occhiello dei Polverino di Marano – un clan con affari nell’edilizia e ambizioni populistiche – archivieremmo il tutto come una consueta lamentazione di un presidente che ha visto la sua squadra lasciare due punti sul campo, o al massimo la considereremmo un esempio della rude realtà dei campionati minori, in cui l’aggressività è inversamente proporzionale alla levatura tecnica dei giocatori in campo. Ma non è così, ed è lecito temere che dietro alcuni accadimenti possa esserci anche dell’altro.
Quarto flegrea è una cittadina di 40 mila abitanti alle porte di Napoli, una delle tante periferie metropolitane della città. La Terra di Lavoro casertana comincia già qui, e non c’è soluzione di continuità con Marano e con la stessa periferia nord-orientale del capoluogo. Lo stadio San Paolo, dove giocano Hamsik e Cavani, dista appena nove chilometri, e naturalmente tra le due squadre non c’è partita, per cui a vedere la Nuova Quarto ogni domenica vanno non più di qualche centinaio di fedelissimi. Eppure, la storia di questa squadra è quella di un piccola grande resistenza: quello di una squadra «recuperata» dal suo destino criminale e che oggi ha al suo vertice il presidente dell’associazione antiracket Sos Impresa e un amministratore giudiziario.
Il Quarto non è l’unica squadra di calcio sequestrata alla criminalità in Campania: lo scorso anno erano stati messi i sigilli anche al Sapri, quasi 250 chilometri più a sud. Ai mafiosi piace il calcio, e investire in una squadra consente al tempo stesso di divertirsi, riciclare denaro sporco e diventare popolari agli occhi dell’opinione pubblica. A dirlo sono gli stessi magistrati: per i pm che hanno condotto l’inchiesta All Clean, che portò al sequestro di 190 milioni di beni al clan Pesce di Rosarno, in Calabria – tra ville e auto di lusso c’erano le squadre di serie D dell’Interpiana e del Sapri, appunto – l’obiettivo dei boss era principalmente quello di aumentare il proprio consenso sul territorio.
Viceversa, sottrarre alla criminalità organizzata uno strumento di propaganda così potente può costituire un’arma letale per la popolarità dei boss e uno schiaffo al loro orgoglio, e giustifica ogni sospetto quando accadono strani furti. Non è che Quarto sia il Bronx, questo è bene premetterlo, però il giorno delle elezioni si è registrato un agguato a colpi di pistola davanti a un seggio elettorale – un episodio, pare, riconducibile a una faida di camorra nell’area flegrea. Ma, quel che è più grave, l’altra notte i soliti ignoti hanno tentato di dare fuoco a un centro sociale che è un’altra oasi di resistenza alle speculazioni e al malaffare malavitoso. Per fortuna gli attentatori non sono riusciti a innescare una miccia artigianale e i danni sono stati contenuti: solo qualche sedia e poltrona bruciata.
Il centro sociale «Quarto mondo» si trova in una tensostruttura proprio a fianco allo stadio e la sera prima proprio lì dentro c’era stata una serata con musicisti e writers. Gli attivisti sostengono di non sapere chi abbia compiuto l’attentato e quali interessi lo muovano, ma – hanno scritto in un comunicato – «esprimiamo tutta la nostra rabbia che va contro chi ostacola esperienze belle e legittime come la nostra che cercano di portare saperi, socialità, spazi e autonomia in periferie abbandonate come quella di Quarto: uno dei comuni più giovani d’europa schiavo di gruppi di interesse che in vent’anni hanno cementificato il territorio che viviamo, non concedendoci ciò di cui necessitiamo e per causa dei quali abbiamo occupato il Quarto Mondo».
L’idea di far rivivere la squadra di calcio, cambiandone radicalmente di segno la storia, è venuta ai magistrati della Dda di Napoli, gli stessi che stanno indagando sul rogo della Città della Scienza. E non è un caso se la Carovana antimafia di Libera-Arci farà tappa, insieme alla squadra della Nuova Quarto, proprio davanti ai padiglioni andati a fuoco dell’ex Italsider di Bagnoli. Ora la società attende la confisca e l’assegnazione, com’è avvenuto per altre importanti esperienze: la Nuova Cucina Organizzata e le mozzarelle prodotte dove il boss Michele Zaza gestiva il contrabbando di sigarette, la «Casa di Alice» di Castel Volturno con la sua moda afro-italiana. La storia insegna che bisogna vigilare fino alla fine, perché non sono mancati i tentativi dei boss di riprendersi – in forme spesso ben dissimulate – quel che era stato loro tolto.
A Quarto, invece, la squadra è diventata il grimaldello per combattere la camorra sul territorio. Attorno a essa è nata una nuova associazione antiracket che ha organizzato anche una sorta di azionariato popolare. Vincere il campionato avrebbe, almeno simbolicamente, un significato politico importante. Vorrebbe dire che, scendendo in campo con la giusta tensione, come insegnano i migliori allenatori, si può vincere.
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