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Un prodotto chiamato donna, il corpo acefalo della pubblicità
Questione di genere Esplicita («montami a casa tua») o subdola (l’uso maschile e femminile dei tablet), lo spot made in Italy è inchiodato allo stereotipo. Alcuni esempi di pubblicità cambiate. Quando lo spot sessista dei pannolini («lei penserà a farsi bella, lui a fare goal»), fu sommerso dalle critiche di giovani papà e mamme e l’azienda fu costretta a cambiarlo.
Questione di genere Esplicita («montami a casa tua») o subdola (l’uso maschile e femminile dei tablet), lo spot made in Italy è inchiodato allo stereotipo. Alcuni esempi di pubblicità cambiate. Quando lo spot sessista dei pannolini («lei penserà a farsi bella, lui a fare goal»), fu sommerso dalle critiche di giovani papà e mamme e l’azienda fu costretta a cambiarlo.
Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 19 aprile 2017
Quando si pensa alla pubblicità sessista vengono in mente donne in pose provocanti e doppi sensi squallidi. «Te la do gratis/ perché pagarla di più/ tu dove glielo metteresti/ montami a casa tua» e simili, ricorrenti slogan. O si immaginano pezzi di corpi femminili associati a prodotti, per esempio le bocce da bowling di una ditta di Messina, o dei grandi hamburger di un locale di ristorazione, sovrapposti ai seni. Sono casi abbastanza chiari, la volgarità è palese. Ma il sessismo può assumere forme eleganti, raffinate. Mentre non usa porre oggetti davanti alla faccia o in testa a un uomo,...