Baci silenziosi a Timor Est
Cultura

Baci silenziosi a Timor Est

Biennale 60 In occasione dell’Esposizione d’arte internazionale di Venezia fa il suo ingresso per la prima volta il più giovane paese dell’Asia, il Timor Est, dedicando il suo padiglione alle donne sotto la dittatura indonesiana. Intervista alla curatrice Natalie King e all’artista Maria Madeira

Pubblicato 7 mesi faEdizione del 25 aprile 2024

Kiss and Don’t Tell” è il titolo della mostra con cui Timor Este sbarca in Laguna per la prima volta, festeggiando così i 25 anni dal referendum per l’indipendenza dall’Indonesia. Con la sua installazione (a cura di Natalie King) nello spazio Ravà a San Polo, l’artista invitata Maria Madeira mette in scena le atrocità vissute dalle donne durante l’occupazione: un dipinto di 25 pannelli fatto di ricami e materiali naturali provenienti dal villaggio dov’è cresciuta, ricopre tutta la sala. Madeira si muove all’interno recitando alcuni canti tradizionali nella lingua Tetum (la lingua austronesiana) baciando il “muro” dell’opera e lasciando così un segno del suo rossetto. “No More Lipstick” (mai più rossetto) si riferisce alle donne costrette durante la dittatura a inginocchiarsi e a baciare il muro della loro stanza mentre venivano stuprate.

Maria Madeira riuscì a scappare molto giovane appena Timor Est fu invaso dall’Indonesia. Dopo sette anni in un campo di rifugiati in Portogallo vicino Lisbona, lei e la sua famiglia riuscirono a stabilirsi in Australia. La sua performance, frutto di ricordi e testimonianze delle donne che non sono riuscite ad andare via, vibra attraverso il canto e fa risuonare le voci di chi ha pianto in silenzio.

Eco delle tematiche poste dal curatore brasiliano Adriano Pedrosa (Stranieri ovunque), questo padiglione propone un’artista rifugiata fuggita sfollata ed esiliata tra l’Europa e l’Oceania, tornata poi come straniera nel proprio paese appena liberato. È all’origine del lavoro anche un’idea di inclusione, “gli uomini hanno combattuto” afferma l’artista “ma le donne hanno sofferto e usato i loro corpi per difendere la nostra libertà”.

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