Il primo compleanno di una lunga serie
Orgosolo
Editoriale

Il primo compleanno di una lunga serie

1971-2013 Quarantadue anni vissuti pericolosamente. Fuori dalla liquidazione un nuovo inizio. Dall'iPad al sito, dalla sottoscrizione per la testata fino ai "manifesto bond"
Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 28 aprile 2013

Care lettrici, cari lettori, sono passati poco più di 100 giorni dall’inizio della nuova cooperativa del manifesto e abbiamo avuto pochissimo tempo per ragionare con voi su quello che ci/vi aspetta.

Molte cose sono state fatte (a tempo di record) ma molte altre restano ancora da fare. 

Questo quarantaduesimo compleanno è però un anniversario felice. Perché tre mesi fa il manifesto aveva cessato le pubblicazioni, la vecchia cooperativa liquidata, e il 31 dicembre non sapevamo nemmeno se avremmo avuto la carta per stampare il 1 gennaio. Abbiamo litigato, discusso molto, ragionato tanto e lavorato come non mai, ma alla fine, cioè all’inizio, siamo ancora qua.

In un paese in cui chiudono 43 imprese al giorno, il manifesto è riuscito nel miracolo di non perdere con voi neanche un giorno in edicola. Una piccola-grande storia di resistenza, politica ed editoriale, avvenuta nel punto più basso della storia della sinistra e all’interno della crisi economica più devastante da cento anni in qua.

Il manifesto, come si vede, ha una sua forza che va al di là dei singoli che lo mandano in pagina ogni giorno. La sua forza siete voi. E il filo rosso che lega ormai quattro generazioni che animano queste pagine corsare. Altro che “rottamazione” e “parricidi”.

Questa testata ha superato cataclismi e traversie inimmaginabili: dalla bomba in redazione del 2000 fino al fallimento economico. Abbiamo attraversato la prima Repubblica e siamo sopravvissuti al crollo dei partiti di massa, Dc e Pci, che hanno fondato questo paese. Riuscendo a essere protagonisti in questi vent’anni di berlusconismo e anti-berlusconismo militanti. Oggi ci affacciamo all’ignoto con la consapevolezza che si tratta di un nuovo inizio.

Il 26 marzo scorso il cda della «manifesto spa», la società che avevamo creato negli anni ’90 e che possiede la testata, ha ratificato a maggioranza il subentro della nuova cooperativa nella pubblicazione del giornale.

Un successo che non era scontato. Attualmente paghiamo alla spa un affitto (abnorme) di 26mila euro al mese (quasi mille euro a numero) per un antico contratto valido fino alla fine del 2023. E’ uno sforzo economico notevole, che rende difficili gli investimenti che sono necessari al giornale e rinviati da anni per la montagna di debiti che avevamo accumulato.

Tuttavia ci siamo. Siamo partiti senza un euro in tasca e oggi il manifesto dà lavoro a decine di collaboratori straordinari e a circa 40 persone tra giornalisti e poligrafici. Senza padroni né padrini. Tutti membri della cooperativa storica. Che dopo due anni di cassa integrazione ancora aspettano dalla liquidazione il Tfr e diversi stipendi arretrati.

Contrariamente alla propaganda interessata che circola dappertutto, andremo avanti fino al 2014 senza ricevere i fondi dell’editoria, vivendo soltanto su vendite e abbonamenti. Come potete capire, è un’impresa titanica.

Le vendite sono vicine alle 15mila copie e gli abbonamenti digitali e postali superano le 4mila unità. Non bastano: dobbiamo arrivare almeno a 20mila copie complessive. Un traguardo che sembra impossibile nel crollo generale della carta stampata. Eppure, il governo che si prepara non mancherà di offrire molte frecce all’arco del manifesto.

Dal 29 gennaio abbiamo ridotto il formato di qualche centimetro e cambiato la rotativa. Una scelta che ci consente un importante risparmio economico ma impone tempi di chiusura del giornale molto stretti (e che non sempre riusciamo a rispettare mettendo a dura prova la pazienza dei tipografi e di voi lettori, che a volte non ci trovate in edicola per i ritardi nella distribuzione). Faremo meglio.

Dal 22 aprile, come sapete, abbiamo lanciato il manifesto edizione iPad, il primo “nuovo” prodotto del manifesto da diversi anni a questa parte. È una scommessa bellissima ma economicamente molto rischiosa (i ricavi sono molto più bassi dell’edicola e degli abbonamenti web). Soprattutto, è la scelta di portare il manifesto anche a un pubblico diverso, più ampio, potenzialmente mondiale.

Non vogliamo rimanere in una trincea identitaria ma uscire all’aperto, sfidando alla pari imprese molto più grandi di noi. L’essenziale è invisibile agli occhi e sotto il manifesto iPad c’è un sistema editoriale che, se l’esperimento Apple avrà successo, ci consentirà di raggiungervi su qualunque dispositivo e ovunque voi siate.

Il prossimo passo, molto più importante, sarà il sito Internet, che deve diventare la seconda gamba del giornale in edicola ma che con i nostri pochi mezzi economici va ricostruito con enorme saggezza e competenza. Contemporaneamente, dovremo ripensare Alias e migliorare l’edizione italiana di Le Monde Diplomatique.

La redazione di un giornale politico come  questo non è mai stata un pranzo di gala. I segni delle difficoltà che abbiamo attraversato sono visibili. Le cicatrici, in questo grande collettivo radical-familiare, non sono ancora del tutto rimarginate.

Ma non è finita. Di fronte a ciascuno di noi e a tutti voi c’è la sfida più grande: ricomprare la testata dalla liquidazione mettendola in sicurezza una volta per tutte. A febbraio abbiamo attivato presso Banca Etica un conto corrente dedicato a questa sottoscrizione, la più importante delle tante che abbiamo attivato in 42 anni (Banca Etica, Iban: IT 09 Q 05018 03200 000 000 155812, bic CCR TI T2T 84A, intestato a «il nuovo manifesto società cooperativa editrice»).

I lavoratori del manifesto contribuiscono con 300 euro al mese (quasi un quinto dello stipendio) a questo obiettivo. Sottoscrivete. Ogni euro è decisivo per un’impresa che sarebbe storica (e di insegnamento anche al resto della sinistra).

A questa sottoscrizione vogliamo affiancare dei certificati di deposito di Banca Etica (una sorta di Btp) che garantiscano – non solo finanziariamente ma anche editorialmente e politicamente – l’acquisto della testata. Vi daranno un modesto tasso di interesse e potranno durare due o tre anni, i dettagli li stiamo ancora definendo e ne daremo conto appena pronti.

Ma sono soldi che restano di chi li investe – non vanno a fondo perduto – e che consentono il prestito necessario al riacquisto della testata. Serve un milione di euro, cioè almeno cinquanta persone per 20.000 euro.

I «manifesto bond» sono l’unico investimento «etico» in un giornale libero. L’inverno sta arrivando e la sinistra ha bisogno della sua casa. Tutti insieme, è tempo di costruirla davvero.

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