Internazionale
Le donne ezide che esistono e resistono
L'altra metà dell'Iraq Rapite e vendute come schiave da Daesh dopo il massacro del 2014, hanno preso le armi per difendersi. E oggi guidano la rinascita. Ma all’appello ancora ne mancano 1.117. A Shengal si curano le ferite di un dramma collettivo
Donne ezide del movimento di liberazione Taje, che lavora al reinserimento delle sopravvissute e alla ricerca delle scomparse – Chiara Cruciati
L'altra metà dell'Iraq Rapite e vendute come schiave da Daesh dopo il massacro del 2014, hanno preso le armi per difendersi. E oggi guidano la rinascita. Ma all’appello ancora ne mancano 1.117. A Shengal si curano le ferite di un dramma collettivo
Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 6 giugno 2021
Chiara CruciatiInviata a Shengal (Iraq)
«Quel giorno le donne sono state il primo obiettivo». Heza parla a bassa voce, seduta accanto ai suoi compagni nella sede delle unità di autodifesa ezide di Khanasur. È avvolta nell’uniforme delle Yjs, le unità femminili, sul collo lo scialle colorato, di fronte un gruppo di giornalisti italiani e di membri dell’Associazione verso il Kurdistan. HEZA È UNA DELLE 5MILA DONNE rapite dallo Stato islamico dopo il massacro del 3 agosto 2014 nella regione nord-occidentale irachena di Shengal. Rapite, vendute, passate di mano in mano, stuprate. «Quando Daesh ha lanciato l’attacco – racconta – ero nel mio villaggio. Abbiamo tentato...