Editoriale

Nel silenzio schieriamo navi da guerra

Nel silenzio schieriamo navi da guerraFregata della Marina militare italiana, la nave Margottin – Lapresse

Italia/Medio Oriente È sotto gli occhi di tutti quel che ha fatto sulla sanguinosa deriva della crisi israelo-palestinese, la nostra astuta diplomazia guidata dal commissario di Forza Italia Antonio Tajani, e il […]

Pubblicato circa un anno faEdizione del 8 novembre 2023

È sotto gli occhi di tutti quel che ha fatto sulla sanguinosa deriva della crisi israelo-palestinese, la nostra astuta diplomazia guidata dal commissario di Forza Italia Antonio Tajani, e il governo della «grande leader internazionale» Giorgia Meloni. Il 28 ottobre, per evitare lo «scontro di civiltà» il nostro Paese ha sentito bene il dovere, con coraggio e cipiglio davvero «indipendente» di astenersi all’Assemblea delle Nazioni unite su una mozione presentata da uno Stato chiave di questa crisi come la moderata Giordania, che chiedeva una tregua umanitaria per soccorrere i civili, nemmeno un cessate il fuoco. Astenersi su una tregua umanitaria è peggio che non esserci. È silenzio complice: dieci giorni fa eravamo a 4mila vittime civili,

Ora il segretario dell’Onu Guterres dichiara: «Gaza è ormai il cimitero dei bambini».
Prima, e con «lungimiranza» di fronte alla catastrofe umanitaria, il viceministro degli esteri Edmondo Cirielli aveva dichiarato l’intenzione dell’Italia di bloccare i 7 milioni di aiuti all’Unrwa, l’Agenzia Onu che assiste i profughi palestinesi; proprio nel momento in cui quel popolo torna ad essere profugo a casa sua, senza cibo, acqua e medicinali – un «crimine» anche per il presidente Mattarella. La motivazione? Il pericolo che i fondi arrivino ad Hamas, creando così confusione in questi giorni a Gerusalemme alla riunione dei donatori stranieri e degli operatori umanitari attivi a Gaza, impegnati invece ad aumentarli i fondi all’Unrwa.


Ultima ma perfino più grave, la notizia, quasi nascosta, che due fregate della Marina militare italiana, la nave Margottin e la Fasan, sono state schierate nel Mediterraneo orientale in funzione «operativa» e «a supporto» dei due gruppi delle portaerei Usa, guidati dalla Uss Gerald Ford e dalla Uss Dwight Eisenhower a cui si è aggiunto il sottomarino a propulsione nucleare Florida (con 154 missili convenzionali). A supporto e operative? Così dice la Marina militare italiana, neanche il ministro della Difesa Crosetto. E non sembrano certo inviate a soccorrere profughi – mentre Tajani si vanta degli italiani rientrati dalla Striscia, lì in fuga sono milioni di esseri umani.

Ora ci si chiede: ma un Paese ancora democratico, che ha l’articolo 11 in Costituzione, dovrebbe vedere o no un parlamento attento e consapevole discuterne? Con una opposizione che chieda conto di questo pericoloso gesto ad un governo che muove navi da guerra in uno scenario che oggettivamente di guerra è. Chi ce lo ha chiesto? Visto anche che l’Italia è il solo paese ad averlo fatto perché ancora non si vedono per fortuna coalizioni di volenterosi. La risposta geopolitica è pronta: quelle due portaerei sono un monito per l’Iran; intanto però dicono a Netanyahu che può continuare a bombardare senza alcuna tregua – nonostante i cosiddetti sforzi di Blinken che un cessate il fuoco infatti non lo chiede. Qualunque sia la motivazione, un Parlamento democratico ne discute.

Una domanda: che accadrà se anche la Turchia – Erdogan dice che «Hamas non sono terroristi ma liberatori» – dovesse schierare navi militari, ottomane ma anche loro della Nato? Intanto partono navi da guerra italiane nel silenzio di Parlamento, opposizione e media embedded.

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