Italia
Nell’inferno di Rosarno, come prima della rivolta
Gioia Tauro Cinque anni dopo quel 7 gennaio 2010, troppo poco è cambiato per i lavoratori. Stesse baraccopoli fatiscenti, stesse paghe da fame per 12 ore di lavoro bestiale, nessuna integrazione nella già dura realtà calabrese per gli immigrati addetti alla raccolta nei campi
Rosarno, baraccopoli – Livio Senigalliesi
Gioia Tauro Cinque anni dopo quel 7 gennaio 2010, troppo poco è cambiato per i lavoratori. Stesse baraccopoli fatiscenti, stesse paghe da fame per 12 ore di lavoro bestiale, nessuna integrazione nella già dura realtà calabrese per gli immigrati addetti alla raccolta nei campi
Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 15 febbraio 2015
Antonio SciottoINVIATO A ROSARNO
Qualcosa, da quella notte del 7 gennaio 2010, in effetti è cambiato. Ma è ancora troppo poco. Cinque anni fa gli immigrati addetti alla raccolta degli agrumi hanno preso spranghe e bastoni e devastato la piccola città di Rosarno: basta condizioni schiavistiche, basta sfruttamento, basta umiliazioni da parte dei calabresi e della ‘ndrangheta. La rivolta ha acceso un faro sul lavoro nero nelle campagne: ha spinto il sindacato a chiedere di più, e nel 2011 è arrivata la prima legge sul caporalato, con centinaia di arresti in tutta Italia e i processi. Ma questo non significa che oggi quei ragazzi...