Non spegnete il Faro Cccp
Calcio e Diritti Da 35 anni un gruppo di amici porta avanti un’esperienza unica di calcio e solidarietà nella periferia romana. Ora però Croce Rossa, proprietaria dell’area, vuole sfrattarli. Oggi alle 11 assemblea pubblica con il presidente del municipio, migranti e le famiglie dei piccoli atleti. «Chiediamo di restare almeno fin quando non troveremo un altro posto»
Calcio e Diritti Da 35 anni un gruppo di amici porta avanti un’esperienza unica di calcio e solidarietà nella periferia romana. Ora però Croce Rossa, proprietaria dell’area, vuole sfrattarli. Oggi alle 11 assemblea pubblica con il presidente del municipio, migranti e le famiglie dei piccoli atleti. «Chiediamo di restare almeno fin quando non troveremo un altro posto»
La maglia rigorosamente rossa, il riferimento diretto all’Unione sovietica, un certo modo di intendere il calcio e la vita. Nel 1987 – un anno prima che Dasaev e compagni arrivassero in finale del campionato Europeo in Germania battendo con un secco 2-0 la Nazionale di Vicini e Vialli – un gruppo di ragazzi innamorati del pallone ha fondato i Cccp. «Eravamo innamorati di come giocava la squadra di Lobanovski e della loro maglia, la prima col doppio colore», spiega Enrico Zanchini che del Cccp da 35 anni ha fatto una ragione di vita nel quartiere Colli Portuensi, nella periferia sud ovest di Roma. Quanto a quei punkettoni di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni «li conoscevamo, ma non c’è un riferimento diretto».
PALLONE E COMUNISMO, dunque. Un binomio che mostra subito di funzionare partendo da un’idea di apertura e eguaglianza sviluppata con totale inclusività. Nel 1995 quel gruppetto di amici decide di fondare una «associazione sportiva e culturale», aperta a tutti i ragazzi del quartiere, lanciarsi nel giovane mondo del calcio a 5 e allo stesso tempo ospitare un circolo di Legambiente perché di solo pallone non si deve vivere, serve nutrire anche un’idea di come dovrebbe andare il mondo.
NEL 2004 IL GRANDE SALTO. Grazie a un connubio da compromesso storico: i fricchettoni comunisti e la Fondazione il Faro di Susanna Agnelli, l’unica filantropa di famiglia.
Da quel giorno il Cccp Il Faro gioca a via Arcangelo Ilvento (tutto attaccato). La viuzza è una laterale di via Virginia Agnelli che nella stessa strada ha costruito un centro per migranti. Da subito i campi di calcio sono aperti ai rifugiati di tutto il mondo – in gran parte africani – che nel rotolare del pallone si sentono meno lontani da casa.
IL CUORE DEL CCCP IL FARO sono però le centinaia di piccoli calciatori dai 5 anni in su che ne fanno «una delle più grandi scuole calcio nell’intero Lazio». Prezzi modici, nessuna selezione. «Anche se a una quarantina di bambini quest’anno abbiamo dovuto dire di no per ragioni di spazio fisico», ricorda Zanchini.
Una direzione ostinata e contraria rispetto alla competizione spasmodica che oramai avvolge tutto il calcio giovanile, dove fin da bambini si insegna a essere furbi e a vincere a tutti i costi, molto meno a rispettare gli avversari e l’arbitro.
L’ULTIMO PASSO NELL’EPOPEA del calcio visto dal lato opposto delle cose è stato ospitare la storica comunità romana di tossicodipendenti di Villa Maraini e perfino la nazionale italiana di calcio a 5 per persone con problemi di salute mentale: comunisti, migranti, drogati e matti. Si può essere più anticonformisti?
Figlia dell’esperienza del «modello Uisp» del campionato dei Dipartimenti di salute mentale di Roma, partita con lo psichiatra Mauro Raffaeli e Luigi Trecca, ritratta nel primo documentario «Matti per il calcio», il passo successivo è arrivato direttamente con Enrico Zanchini che ha allenato la squadra poi campione del mondo e nel secondo documentario «Crazy for Football» che ha perfino vinto un David di Donatello e poi è diventata una serie per la Rai.
PER LA SUA STORIA, a nessuno passa nella testa che il Cccp possa essere associato oggi a Putin. Non lo pensano neanche due ragazzi ucraini, accolti in queste settimane sempre grazie al pallone.
Le cose sono cambiate da quando la Fondazione Susanna Agnelli ha lasciato e la Croce Rossa (privatizzata dal 2015) è tornata in pieno possesso di tutto il gigantesco centro. Gli appetiti espansionistici sono forti: c’è chi parla addirittura di un piano per costruire un campus universitario. La più grande organizzazione di volontariato in Italia che rischia di mettere fine a un’esperienza unica e dello stesso genere.
E dunque il povero Cccp Il Faro è l’unico ad intralciare questo cinico disegno che fa a pugni con la storia della più importante organizzazione di volontariato in Italia.
PER DIFENDERE TUTTO QUESTO stamattina alle 11 ci sarà una Assemblea pubblica dal titolo «Non spegnete il Faro». Non un sit in, non uno stand up. Un’assemblea vecchia maniera dove madri di giovani calciatori, migranti e ex giocatori e incalliti esponenti del calcetto fra amici racconteranno che cosa è per loro il Cccp Il Faro e perché deve rimanere dove è sempre stato.
Nel piccato comunicato stampa di ieri della Croce Rossa traspare gran parte di questa brutta storia che mette a rischio il futuro del Cccp il Faro. «Le mediazioni avviate non hanno portato alla soluzione, motivo per cui si è avviata un’azione giudiziale per la quale è attesa la decisione del Tribunale di Roma il 22 giugno».
Croce Rossa infatti, «pur riconoscendo le nobili finalità delle attività svolte dalla società sportiva», si aggrappa alla più abusata parola di questo periodo in Italia, la stessa usata da Matteo Salvini per far sgombrare i migranti da un’area adiacente nel 2017, contestato dal Cccp: «Fin da quando è tornata in possesso dell’immobile, Croce Rossa ha voluto ristabilire la legalità della struttura», accampando irregolarità catastali. Ma il comunicato lascia la porta aperta: «Croce Rossa è disponibile a valutare una collaborazione con l’associazione, finalizzata al proseguimento delle attività a favore delle persone più fragili ma anche a consentire all’utenza di Croce Rossa una piena fruizione del medesimo spazio sportivo». Vedremo.
«Noi intanto spiegheremo a tutti quello che sta succedendo e assieme al presidente del Municipio e tanti amici che ci appoggiano cercheremo di convincere la Croce Rossa a non mandarci via, almeno fin quando non sarà individuata un’altra sede idonea a portare avanti la nostra storia», conclude Enrico Zanchini. Sicuro che questa mattina l’assemblea sarà un successo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento