Cultura

Abisso temporale del Celacanto

Abisso temporale del CelacantoUn esemplare di Celacanto al museo

Fondali abitati /3 Scrutando i luoghi delle profondità oscure, da Gerione a Orfeo. Lo spazio ambiguo delle apparizioni, trasfigurazioni e inghiottimenti verticali è anche quello di Dante con la sua metafora del «si vede e non si vede». Ha l’inquietante aspetto di una creatura preistorica, confermato dal buffo destino di essere stato prima conosciuto come essere estinto e di essere poi scoperto vivente, nel 1938

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 17 agosto 2021
Esiste uno spazio fisico intermedio in cui l’occhio e la mente vedono e non vedono allo stesso tempo. Può essere più o meno esteso, più o meno circoscrivibile, più o meno percepibile, e pur nella varietà è possibile pensarlo e viverlo come un luogo, cioè uno spazio legato a una concreta immagine di identità. Una delle descrizioni più antiche e meravigliose di questo spazio ambiguo si trova alla fine di Inferno XVI, 124-136: è l’apparizione del mostro Gerione che, evocato da Virgilio con un rito misterioso (quello della corda gettata nel vuoto), risale dagli abissi infernali. Dante in un primo...

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