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Il disastrato club dei marsigliesi

Il disastrato club dei marsigliesiL’attaccante Mishi Batsuhai (23 gol nella stagione in corso) dopo la recente sconfitta con il Monaco

Storie La sfida più difficile per l’Olympique de Marseille, dopo l’annuncio della famiglia Louis-Dreyfus di voler vendere la società. Sull’orlo della zona retrocessione, costretta a giocare senza curve nel Vélodrome rinnovato tra sperperi e polemiche, la squadra vive lo stesso declino che ha investito la seconda città di Francia. Dove era percepita come uno degli ultimi elementi di coesione sociale rimasti. E ora, emiri o azionariato popolare?

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 30 aprile 2016

Malgrado il calendario annunci la primavera, il Mistral sembra soffiare ancora più gelido e violento del solito sul Marsiglia. Il vento che dalla Valle del Rodano sfoga la sua furia sulla capitale del Midì si mostra incurante al dramma che vi si sta consumando in queste settimane. Rien ne va plus, è proprio il caso di ammetterlo. Qualche giorno fa anche il quotidiano comunista locale, la Marseillaise, ha gettato la spugna è ha titolato «L’OM, ce champ de ruines».

Se un simbolo, per quanto già seriamente ammaccato, restava alla seconda metropoli di Francia, quell’Olympique de Marseille da sempre gioia e tormento dei supporter del calcio locale, c’è il rischio che in breve ne rimanga davvero solo un pugno di rovine.

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La curva dell’OM

A quattro giornate dalla fine del campionato, al termine di una stagione disastrosa, con meno di dieci vittorie all’attivo e ben otto mesi consecutivi senza alcun successo in casa, con soli 41 punti, soltanto 6 di più dalla zona retrocessione, l’OM deve infatti misurarsi con la sfida forse più difficile della sua intera storia; una partita che mette in palio la sopravvivenza stessa del club fondato già alla fine dell’Ottocento. In ogni caso, l’epilogo di una lunga crisi in cui molti vedono una sorta di sinistro parallelo con la situazione sociale della metropoli che detiene da tempo dei record negativi quanto a criminalità ed esclusione, con poco meno del 25% degli abitanti che vivono al di sotto della soglia di povertà, tassi di disoccupazione che nei famosi Quartieri Nord sfiorano il 40% e una continua escalation di regolamenti di conti a suon di kalashnikov.

Il caso Dreyfus e un “omicidio”

Un clima che più che ai film di Robert Guédiguian, fa pensare ai noir di Jean Claude Izzo, ma soprattutto alle recenti, e spietate serie tv The last panthers e Marseille, quest’ultima interpretata da Gérard Depardieu. E che solo un paio d’anni fa Libération aveva riassunto in una delle sue celebri prime pagine ad effetto con l’immagine degli uomini della scientifica all’opera intorno a un cadavere coperto da un telo bianco e una frase lapidaria: «Marseille, cité meurtrie», la città assassinata.

Dopo le sconfitte in campo e il valzer degli allenatori, almeno un paio l’anno, il segnale che le cose hanno ormai imboccato una via senza ritorno è arrivato all’inizio di questo mese con un comunicato che Margarita Louis-Dreyfus ha inviato a tutti i gruppi della tifoseria per ufficializzare la sua volontà di vendere la squadra.

La vedova di Robert Louis-Dreyfus, l’uomo d’affari alla testa dell’Adidas, scomparso 7 anni fa che nel 1996 aveva acquisito la società dopo la gestione di Bernard Tapie che ne aveva fatto uno strumento di conquista economica e una platea per la sua carriera politica, si è detta orgogliosa per i risultati ottenuti dall’OM sotto la guida della sua famiglia – la vittoria nel campionato 2010 e la conquista della Coppa di Francia nel 2010, 2011 e 2012 -, ma ha spiegato di non essere più in grado di sostenerne finanziariamente le spese. «Fin qui ho sostenuto la squadra con decine di milioni di euro, ma il tempo dei mecenati è finito».

Nel nuovo calcio non sembra infatti esserci più spazio per i privati. Oggi, dominano «Stati o società che possono avvalersi di capitali illimitati: i loro investimenti hanno del resto degli obiettivi commerciali e politici che vanno ben al di là del semplice quadro sportivo». Per questo, la decisione di vendere l’OM è irrevocabile: «Il prezzo non è la mia prima preoccupazione, piuttosto penso di trovare un acquirente che possa consentire alla squadra di tornare a vincere».

Il calcio moderno

Una dichiarazione shock che se considerata sincera sembra dire che il “capitalismo di papà” non ce la fa più a competere con i costi stellari raggiunti dal cosiddetto “calcio moderno” tutto diritti tv e ingaggi milionari. Anche se c’è chi, come Lionel Maltese, ricercatore dell’università di Aix-Marseille specializzato in economia sportiva, fa notare che il problema dell’OM starebbe più nel modo piuttosto che nella quantità in cui la proprietà, e il presidente della squadra, Vincent Labrune, impiegano le loro risorse. «Dirigere un club del genere, che dispone per altro del quarto budget del campionato, 120 milioni di euro, non s’improvvisa, ci vogliono serietà e competenza», spiega lo studioso. Intanto la magistratura marsigliese sta indagando su una possibile appropriazione indebita di 55 milioni di euro che sarebbe stata realizzata nell’ambito della società.

In ogni caso, l’annuncio dell’imminente vendita ha scatenato una ridda di illazioni e ipotesi. Se già in precedenza il maggior quotidiano sportivo francese, L’Equipe aveva fatto il nome del principe saudita Al Walid come possibile acquirente, oggi la stessa fonte parla di investitori interessati provenienti dai paesi del Golfo come dall’India e dagli Stati Uniti. Tra i nomi emersi c’è però anche quello di un uomo d’affari locale, Xavier Giocanti, compagno della presidente del Fondo monetario internazionale, e già ministra di Sarkozy, Christine Lagarde.

All’annuncio del disimpegno da parte della famiglia Louis-Dreyfus molti supporter, e taluni ambienti progressisti della città, hanno però anche avanzato l’ipotesi di seguire il “modello Barcellona”: vale a dire lanciare un’azionariato diffuso come quello che sostiene il club catalano, forte di oltre 170mila soci. I gruppi più consistenti di tifosi, da tempo in rotta con la proprietà e la dirigenza della squadra che dopo la sconfitta casalinga con il Rennes a metà marzo, finita 5 a 2, avevano dato vita a una serie di contestazioni anche violente, chiedendo un cambio di gestione, scommettono su uno sforzo collettivo di tutti i marsigliesi anche se non nascondono la loro inquietudine. E questo anche di fronte alla possibilità che la squadra possa barattare il suo rapporto con la comunità locale con l’afflusso di capitali puramente speculativi, come accaduto, suggeriscono da queste parti, agli eterni rivali del Paris Saint Germain, acquistati dall’emirato del Qatar, che l’OM incontrerà nella finale della Coppa di Francia il prossimo 21 maggio a Parigi.

«Questa stagione è fottuta, ma ora comincio ad avere paura anche per la prossima», ammette Michel Tonini, leader degli Yankee. «Non so se essere più arrabiato o disgustato. All’OM abbiamo già assistito a situazioni catastrofiche, ma fino a questo punto mai», aggiunge l’esponente del gruppo egemone della tribuna nord. «Non c’è più alcun progetto, alcuna visione, solo zero assoluto. Forse dovremo fare da soli», gli fa eco Christian Cataldo, portavoce dei Dodgers, l’altra sigla più attiva tra gli ultras del Vélodrome.

Il sindaco sotto accusa

Nel mirino della commissione di disciplina della Lega Calcio transalpina, che in seguito al ripetersi di incidenti e contestazioni nelle ultime settimane ha deciso di far giocare la squadra con le curve vuote fino alla fine del torneo, la sorte dello stadio dell’Olympique è un altro tema che va ben oltre lo sport. Il Vélodrome è infatti di proprietà del comune. Criticato duramente dall’opposizione, e da una petizione online che ha già raccolto oltre 10mila firme, per i costi vertiginosi raggiunti dall’ammodernamento della struttura, stimati in oltre 550 milioni di euro, anche il sindaco Jean Claude Gaudin, da oltre vent’anni padre padrone della destra locale, esprime a suo modo la preoccupazione per le sorti dell’OM che definisce addirittura come il «più importante fattore di coesione sociale della città». In realtà, anche se la crisi attuale ha fortemente ridotto la partecipazione del pubblico, il Vélodrome può accogliere circa 67mila spettatori.

Nel biennio 2014/2015 il saldo era stato di oltre un milione di biglietti venduti. Se anche la passione sportiva dovesse declinare, l’Olympique resta pur sempre un buon affare e un possibile e ineguagliabile serbatoio di voti.

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Lo stadio Vélodrome oggi

 

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