Da sempre siamo bersagliati da violenza di ogni genere, un libro che lessi per sociologia dal titolo L’odio in Rete. Siti ultras, nazifascismo online, jihad elettronica” di Roversi introduceva come il linguaggio passasse in modo quasi sofisticato dalla rete, nell’organizzazione degli ultras etc.
Oggi sembra che il mondo, dopo una breve illusoria fase post coloniale nel XX secolo, sia nuovamente caduto nel peggior periodo storico in tal senso.
Senza preoccuparsi di organizzazioni come l’Onu o altre minori si usa la violenza per uccidere ed eliminare le diversità.
Tanto c’è una sorta di implicita collaborazione, dove io posso bloccare l’immigrazione (l’origine di tutti i problemi), tu paghi per avere cortesie e squallide alleanze.
Quel desiderio di integrazione che appunto si stava allargando in Europa dopo l’auto determinazione di molti popoli post-schiavitù, sembra solo un ricordo.
Dopo l’uccisione di George Floyd è stato scritto da Alessandro Portelli un piccolo libro il ginocchio sul collo denso di questa cultura universale del razzismo senza confine.
Il meccanismo sociale che dovrebbe sfruttare la vecchia educazione civica e il rispetto è completamente ribaltato e si eleva a routine la violenza, strettamente collegata al possesso di armi; un virus post settembre 2001 che ha riacceso malamente l’odio e i pregiudizi come base nei rapporti umani mondiali.
Bisogna vivere nel pregiudizio e non fidarsi più di nessuno mentre la popolazione mondiale è in costante crescita.
Un’equazione pazza.
Quello che sta accadendo in Francia è solo una conferma di questa deriva razzista.