Il commento della settimana Tonino Perna | Siamo entrati improvvisamente e drammaticamente nella seconda ondata della pandemia che sta modificando e ridisegnando le strutture economiche, sociali e politiche in tutto il mondo. Con effetti di lungo periodo, rintracciabili intorno ad alcune questioni di fondo. La prima riguarda l’egemonia cinese. Il paese dove tutto è cominciato è anche il paese che ne è uscito e mentre il mondo va in recessione, la Cina ha ripreso il suo cammino inarrestabile, con un Pil che si stima quest’anno crescerà intorno al 3 per cento.
Il secondo effetto duraturo di questa pandemia riguarda le istituzioni democratiche. Il successo cinese, sia nel controllo della diffusione del virus, sia nella capacità di ripresa economica, mette in crisi la democrazia liberale che appare farraginosa, lenta, inefficace. In più lo “stato d’eccezione”, che scaturisce dall’emergenza generata dal Coronavirus, consente svolte autoritarie che godono inizialmente del consenso della popolazione. Anche in Italia cogliamo i segni di questo cambiamento nell’atteggiamento di alcuni presidenti di regione che fanno gli sceriffi, e nell’uso di un linguaggio bellico che si sta diffondendo in tutta Europa. La democrazia vince se risulta efficace ed efficiente nel contrasto della pandemia senza bisogno di usare mezzi autoritari. Una scommessa difficile.
Il terzo effetto è decisamente positivo. Dopo trent’anni di gloria dell’ideologia neoliberista, un virus, entità invisibile, l’ha messa in ginocchio: da questa pandemia ne esce comunque rafforzato il ruolo dello Stato e la necessità di recuperare il ruolo di bene comune della sanità, della scuola, dei servizi sociali. Lo tsunami della privatizzazione che partendo dagli Usa aveva coinvolto tutti i paesi del mondo, è stato arrestato.
Il quarto effetto è devastante: cresce in tutto il mondo la povertà assoluta, le persone che soffrono la fame, che perdono il lavoro. In una economia capitalistica la recessione economica colpisce innanzitutto le fasce più deboli, i lavoratori precari e marginalizzati, il Sud del mondo più del Nord, le piccole imprese più delle grandi multinazionali. Il mercato autoregolato risulta impotente a rispondere ad ampie fasce della popolazione: solo un intervento pubblico può ridurre il malessere sociale provocato da questa recessione generalizzata.
Il quinto effetto riguarda il lavoro e la diffusione dello smart working. Coinvolge soprattutto i lavoratori della pubblica amministrazione e quelli che, nel settore privato, svolgono una attività amministrativa, di elaborazione dati, programmi di software, comunicazione, informazione, ecc. Crea una divisione forte e inedita in queste dimensioni, tra lavoro manuale e intellettuale, e quindi una ulteriore frattura nel mondo del lavoro già soggetto a profonde frantumazioni. Riduce la socialità, perché il luogo di lavoro è stato nella storia un fattore fondamentale della socializzazione e della presa di coscienza dei lavoratori.
Il sesto effetto riguarda l’impatto ambientale di questo modello di sviluppo. Durante i mesi di lockdown abbiamo registrato una straordinaria caduta nell’emissione della CO2. Finita la clausura siamo ritornati ad inquinare come prima, anzi peggio: la paura del contagio ha aumentato l’uso di mezzi di trasporto privato. I danni che provoca l’inquinamento del pianeta, anche in termini di vite umane, sono stati “sotterrati” dai dati sulle morti da Coronavirus, e tutto il dibattito sugli effetti del cambiamento climatico è stato messo in stand by. Forse uno dei danni maggiori di questa pandemia e di come è stata gestita dai media.
Infine, esiste un impatto che riguarda il nostro rapporto col prossimo, la nostra vita quotidiana.
La paura dell’altro, con il preoccupante impatto sui bambini che potrà essere stimato solo nei prossimi anni, ha un riflesso immediato sulla polis, sull’agorà, sulla vita sociale e la dimensione politica dell’essere umano. Dobbiamo resistere e, rispettando tutte le norme di sicurezza anti-Covid, continuare a incontrarci, a guardarci in faccia (sia pure mascherati), a non chiuderci nella cerchia familiare e né a ridurci spettatori bolliti davanti alla Tv o al telefonino. |