Il commento della settimana Matteo Bartocci | La centralità delle televisioni nell’arena politica è ancora importante anche se ovunque in evidente declino. Un dibattito presidenziale che trascende in uno scambio di urla e tweet al vetriolo rischia di impallidire quando a twittare e postare saranno milioni di elettori dopo il 3 novembre.
L’incubo dei giganti della Silicon Valley, infatti, è come governare la mole immensa di falsi proclami di vittoria, frasi razziste e minacce violente che dilagano e dilagheranno da costa a costa, spesso avallate o diffuse direttamente dalla Casa bianca.
Già quattro anni fa, con il caso Cambridge Analytica, il ruolo strabiliante dei social è emerso in tutto il suo cupo potere. Oggi è peggio.
Con la pandemia le campagne elettorali si sono spostate armi e bagagli su Internet, che è diventata la nuova e unica realtà pubblica condivisa, mandando in cortocircuito regole antiche e misure di paragone.
Se Biden e Trump si dichiareranno entrambi vincitori su twitter, facebook o youtube, cosa dovranno fare i social network?
Solitamente, infatti, il risultato delle presidenziali si conosce alcune ore dopo il voto, magari quando si assegna uno stato chiave in bilico. Ma stavolta, causa Covid, rischia di essere tutto diverso: il conteggio delle schede postali durerà settimane.
E Trump ha messo in chiaro che non è disposto a riconoscere l’eventuale sconfitta, anzi, è pronto a ricorrere alla corte suprema appena ce ne sia la possibilità. Oggi nessuno è disposto a scommettere su cosa succederà per le strade e nei tribunali nel periodo di transizione fino al giuramento del presidente che dal 1937 si svolge il 20 gennaio ogni quattro anni. |