Il commento della settimana Alessandro Portelli | Ci sono due parole – «Liberi di lottare» – nello striscione che i picchiatori fascisti hanno esposto davanti al liceo Michelangiolo di Firenze, per rivendicare la loro aggressione agli studenti di quella scuola, che meritano un minimo di riflessione.
«Liberi». È inutile stargli a ricordare che durante il fascismo non c’era la libertà. Non c’era per tutti, ma per quelli come loro c’era, eccome. Durante il fascismo, gli squadristi erano assolutamente liberi di fare quello che volevano, imporre olio di ricino, torturare e perseguitare chi gli pareva. Nella loro idea di società gerarchica e autoritaria, chi sta in cima è assolutamente libero (legibus solutus, dicevano gli antichi) di fare quello che vuole a chi sta sotto, e questi poveri ragazzi si sentono razza superiore e si credono di essere destinati, nella loro società ideale, a stare fra quelli che comandano. – o fra quelli che battono le mani a quelli che comandano.
D’altra parte vengono da almeno trent’anni di declinazione liberista dell’idea di libertà, intesa anche qui come esisto del dominio: una gara (con tanto di metafore agonistiche: concorrenza, competition) in cui è libero chi vince.
Perciò va bene continuare a ribadire che avevamo ragione noi nel 1922 e nel 1943. Ma loro non vivono allora, vivono adesso, e nonostante braccia tese e altri ammennicoli parafascisti, non tornano indietro ma vanno «avanti», verso una forma nuova di autoritarismo – qualcosa come le democrature dell’est -, repressivo e rigido coi deboli e amorevole e liberista coi forti, dove lo Stato esercita tutto il rigore della legge sui subalterni e lascia mano completamente libera ai dominatori.
«Liberi di lottare». E chi glielo impedisce? La società in cui viviamo, la Costituzione e le leggi che ci siamo dati- oggi pesantemente sotto attacco – , servono proprio a rendere legittimi e praticabili tutta una gamma di forme di lotta che vanno dal voto allo sciopero, dal picchetto al boicottaggio, dalla libera manifestazione del dissenso all’organizzazione politica di opposizione. Ma, fedeli alla visione agonistica del mondo, quando parlano di «lottare» loro parlano di scontro fisico – manganellare, aggredire, picchiare. O peggio.
In questi tempi, di fronte ad aggressioni su ben altra scala, rivendichiamo tutti il diritto all’autodifesa. È bene proteggersi in tutti i modi possibili da questi mascalzoni; ma una parte indispensabile della nostra autodifesa consiste nella difesa delle parole.
Non è un caso che l’improbabile ministro (dell’istruzione!) Valditara sia rimasto indifferente rispetto alle botte dei fascisti ma sia uscito al naturale minacciando interventi autoritari davanti alle parole di un’insegnante civile, e che queste stesse parole i fascistelli fiorentini abbiano voluto bruciare in piazza, in un rituale che, questo sì, l’abbiamo già visto. |